Speciale Accordo Unipol
Cosa ne pensa Roberto Fresia, presidente Gruppo Agenti Aurora
Autore: Gigi Giudice
ASSINEWS 226: dicembre 2011
Cosa ha significato per voi del GAA lavorare al nuovo accordo?
Dall’acquisizione di Winterthur nel 2003, i rapporti tra il nostro Gruppo Agenti e la compagnia hanno avuto alti e bassi, con periodi molto critici culminati con la revoca del presidente Pacchioni del luglio 2010. Il Gruppo, tuttavia, non si è fatto condizionare, ma è andato avanti per la sua strada, testardamente convinto di poter avviare un positivo confronto con l’impresa, pur partendo da posizioni assai distanti. Vede, noi partivamo dalla constatazione che gli agenti rappresentano una parte importante dei “lavoratori” di una compagnia come Unipol e che un’impresa assicurativa moderna, capace di guardare al futuro, non potesse certo prescindere dal contributo di idee, valori ed esperienze di coloro che la rappresentano sul territorio nel rapporto quotidiano con i clienti. Noi, che avevamo concluso nel 1997 il “patto Winterthur”, ancora oggi valido, all’epoca estremamente innovativo, non avevamo bisogno di un nuovo accordo, questa era un’esigenza manifestata per vari motivi dalla compagnia. Sentivamo, invece, molto forte, la necessità di un nuovo rapporto, ovvero di un modo diverso di intendere le relazioni industriali. E su questo abbiamo puntato la nostri azione ed i nostri sforzi. CONTENUTO A PAGAMENTO
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Ma quali sono state queste azioni su cui avete puntato più di ogni altra cosa?
Innanzi tutto che l’accordo avesse un forte impatto sociale, nessun accordo regge alla lunga se alla base non c’è un patto sociale. Avevamo come interlocutore una compagnia attenta a questo argomento e perciò abbiamo posto, se si può dire, quattro “pregiudiziali”. La prima è stata quella che a nessun agente, nell’ambito delle ristrutturazioni territoriali, fosse più proposto di diventare sub-agente, ma ne fosse salvaguardata la dignità professionale, trovando le opportune soluzioni normative affinché ciò avvenisse.
La seconda è stata quella previdenziale, non si poteva trovare una mediazione sulla previdenza. Alcuni agenti (quelli provenienti dal mondo Winterthur) avevano il raddoppio dei contributi della cassa di previdenza da parte della compagnia ed il raddoppio del contributo integrativo al fondo pensione, tutti coloro che non avevano queste peculiarità dovevano essere portati allo stesso livello.
La terza è stata quella dell’investimento, la compagnia, proprio in questo attimo di crisi profonda del mercato e della società in generale, doveva essere capace di investire sui propri agenti per essere nel giro di poco tempo in una posizione di avanguardia nel mercato e quindi occorreva porre il giusto e corretto capitolo di budget.
La quarta è stata quella della giustizia, ovvero che tutti gli agenti dovevano avere pari opportunità e, quindi, dovevano essere messi sullo stesso piano normativo ed economico. Poiché non si sarebbe qui potuto livellare tutti verso l’alto, coloro che ci avrebbero rimesso avrebbero dovuto essere in qualche modo risarciti e/o aiutati e supportati.
Ma queste “pregiudiziali” sono state accolte?
Certo, altrimenti non saremmo qui oggi a parlare di un accordo con l’impresa che abbiamo deciso, insieme, di chiamare “patto Unipol”. Un forte segnale, per un accordo forte. A gennaio, quando fui eletto presidente, mi presentai all’amministratore delegato con un discorso sulle nostre radici, ma conclusi allungandogli la mano e stringendola con lui in un “patto tra gentiluomini”, così come si usava un tempo, oggi quel patto tra gentiluomini si è tradotto nel “patto Unipol”.
Come avete condiviso con gli altri Gruppi Agenti il percorso e come avete affrontato il passaggio con i sindacati?
Vede, il rapporto con gli altri Gruppi Agenti si è svolto con grande passione. Veniamo da mondi diversi e da compagnie diverse, con esperienze anche totalmente diverse. Però quando l’obiettivo è comune, se i dirigenti dei Gruppi Agenti sono persone intelligenti, che hanno a cuore l’interesse dei colleghi propri soci, sanno perfettamente quale sia il punto in cui ognuno deve rinunciare a qualcosa. Se siamo arrivati a chiudere questo “patto Unipol” è perché ci siamo confrontati, anche duramente, non è il caso di negarlo, ma con persone intelligenti ed abbiamo alla fine trovato la soluzione comune. Come in tutti gli accordi, ognuno ha da recriminare qualcosa, ma se ciò non avvenisse, non si tratterebbe di un accordo. Diversa la parte sindacale, abbiamo trovato un Sindacato, lo SNA, contrario concettualmente all’accordo e che non ci ha fornito soluzioni, ma solo critiche e che noi riteniamo rappresenti il passato, mentre l’UNAPASS ci ha fornito numerosi consigli, in particolare sulla formulazione di alcuni importanti articoli del normativo e siamo riusciti, proprio recentemente, lo scorso mese, a far modificare tre punti importanti relativi prevalentemente alle fonti normative, e riteniamo che questo modo di agire rappresenti il futuro delle relazioni tra sindacati e gruppi aziendali.
Siete quindi contenti del risultato?
Vede, a tutti piacerebbe poter contare su compensi maggiori di quello che si aveva prima. Ma dobbiamo essere realisti ragionando in una logica almeno di medio termine. Il nostro compito, oggi, era quello di consentire al maggior numero possibile di colleghi di superare il difficile momento che stiamo attraversando come sistema, rafforzando contemporaneamente quei temi “fondamentali” che consentiranno, una volta usciti dal tunnel, di vedere un futuro professionale migliore e certamente più solido e sereno. Poi, nessuno è perfetto. Anche nel mondo degli agenti di assicurazione esistono ancora diverse contraddizioni da superare e nodi culturali da sciogliere, se vogliamo guardare al futuro con maggiore fiducia. Detto ciò, sul piano economico non consideriamo affatto questo accordo una resa, così come qualcuno lo ha voluto dipingere. Al contrario, contiene istituti economici interessanti, capaci di garantire anche significativi miglioramenti alla agenzie, ma soprattutto una prospettiva, un traguardo da raggiungere che porta serenità e possibilità di sviluppo.
E sul piano normativo?
Su quello siamo convinti di aver centrato l’obiettivo che le dicevo. L’Accordo è stato scritto in modo da permetterci di stringere un nuovo rinnovato patto di collaborazione tra le parti.
Partendo dal riconoscimento dei reciproci interessi imprenditoriali di agenti e compagnia, il rapporto finalmente rinasce nel nome della correttezza, trasparenza e collaborazione.
Le sembra poco?
Considerando da dove siamo partiti, Le assicuro che per noi è come aver attraversato a nuoto gli oceani! Il nuovo accordo rappresenta una sfida per tutti, anche per la compagnia, oggi chiamata ad “aprire le carte” condividendo, su alcuni temi, le proprie scelte con gli agenti. Ci rendiamo conto che non è un passaggio facile, perché contiene un forte carattere anche culturale.
Ma noi del GAA saremo lì, al fianco dell’impresa, per aiutarla a crescere e maturare. Se l’impresa cresce, cresciamo anche noi.
Adesso, come vi state muovendo ?
Adesso il nostro obiettivo è quello di contribuire a passare dalle parole ai fatti. Se ci crediamo veramente, insieme ce la possiamo fare. Noi siamo fiduciosi, perché questa è un’occasione unica e nessuno può permettersi il lusso di cambiare strada da solo. Il vero lavoro comincia ora.